Il 2021 si chiude con la notizia relativa all’aumento di focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità in tutta Europa. Il fenomeno al momento interessa allevamenti in Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Irlanda, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Polonia e Slovacchia. La situazione in Italia, in particolare, desta preoccupazioni soprattutto in Veneto. A livello nazionale il numero di focolai individuati ha superato le 130 unità e continua ad aumentare.
«Il dato è particolarmente allarmante, soprattutto se paragonato ai dati dell’epidemia italiana di HPAI verificatasi nel 1999-2000, che è stata decisamente una delle più gravi al mondo» commenta Paola Cane, esperta in conformità e regolatorio. Le autorità sanitarie regionali, oltre al problema di contenimento della circolazione del virus, stanno affrontando numerosi ostacoli nella gestione delle carcasse di animali colpiti dall’aviaria, operazione che risulta complessa a causa del congestionamento degli inceneritori delle zone più colpite. Si starebbe valutando l’ipotesi di interramento delle carcasse e del ricorso agli inceneritori lombardi, per smaltire migliaia dei 5 milioni di volatili abbattuti negli ultimi due mesi. «Le carcasse avicole derivate da focolai di influenza aviaria sono classificabili come materiale di categoria 2» continua Paola Cane. «Pertanto, la dimensione dell’epidemia fa presagire ulteriori impatti a medio periodo sull’industria del pet food: oltre al fatto che la categoria 3 avicola sta diventando molto rara, dobbiamo attenderci un ulteriore aumento dei prezzi delle proteine animali alternative, che di certo non contribuisce alla ripresa».
L’influenza aviaria è da sempre considerata una delle malattie infettive animali più contagiose, a rapida diffusione e con elevata mortalità. Tali caratteristiche si estrinsecano in modo evidente qualora la malattia insorga in aree a elevata densità zootecnica, come nella pianura Padana, in quanto la concentrazione in aree territoriali limitate di numerosi allevamenti, tra loro funzionalmente integrati, incubatoi, mangimifici e macelli rendono estremamente difficile il controllo e l’eradicazione dell’infezione. La Commissione Europea ha pertanto individuato nuove misure di profilassi e numerose zone di protezione e sorveglianza.
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